
I bambini non vogliono manipolarci.
I bambini non volgiono manipolarci, hanno solo bisogno di noi. Quante volte sentiamo dire a una neomamma: “stai attenta a non fare tanto caso al pianto del tuo bambino, perché vuole solo manipolarti”. Le persone ancora oggi continuano a perpetuare il credo che un bambino possa manipolare intenzionalmente l’adulto, senza sapere che il bambino non ha questa raffinata capacità di ragionamento, il suo cervello non è preparato per una impresa così importante, perché non si può chiedere al bambino un “ragionamento” basico prima dei 4/5 anni di vita. Quando un bambino piange è perché ci sta comunicando un bisogno, questo è il suo unico linguaggio per dirci che dobbiamo fare qualcosa per lui, non riesce a pensare che col suo pianto può raggiungere un obiettivo pianificato con premeditazione ed intenzionalità.
I capricci non esistono.
Uno dei momenti più gettonati per dare del manipolatori ai bambini, sono le crisi emotive (capricci), quando in realtà questo è solo un processo fisiologico di esplosione emozionale, perché il bambino non riesce a regolare le sue emozione fra i 18 mesi fino ai 4/5 anni, e questo succede perché il suo cervello sta vivendo una tappa di sviluppo importante: l’unico canale che ha è il pianto, le urla, i calci, ecc.
Accompagnare questi momenti di esplosioni emotive e saper interpretare qual è il bisogno che si nasconde dietro queste manifestazioni è la chiave per aiutare il bambino a viverle meglio e a ridurre le crisi: questo non significa che i genitori o l’adulto di riferimento siano manipolati dal bambino, spesso è proprio l’esatto contrario, è l’adulto che cerca di manipolare il bambino, proprio perché l’adulto ha la capacità di premeditare un ricatto nei confronti del bambino per interrompere quel momento; tutto questo lo fa perché non riesce a controllare le sue emozioni e non sa come accompagnare il piccolo in questa importante fase, quando l’unica opzione è proprio accogliere le sue emozioni ed evitare di essere reattivi. Ovviamente tutto ciò non è affatto facile perché gli adulti d’oggi sono bambini di ieri educati con analfabetismo emotivo totale, e rendersi conto di questa incapacità è molto frustrante.
Cosa fare in questi momenti?
Nei momenti come questi sicuramente la prima cosa che dobbiamo fare è smettere di interpretare il comportamento del bambino come una manipolazione, cercare di ricordare che il bambino ha un cervello tenero e se esplode di rabbia è perché ha vissuto un momento (per lui) di ingiustizia e quello che sta provando è legittimo. E’ utile vedere il bambino come “vittima” di una carica ormonale che gli porta enorme stress e proprio per questo non può tornare alla calma velocemente: è inutile chiedere spiegazioni del suo comportamento o chiedergli di smettere di comportarsi in quel modo così esplosivo, perché in realtà non riesce a comprendere cosa gli stia accadendo. Nel momento in cui la calma ritorna si può verbalizzare chiedendo come si sente e parlare di cosa se’ accaduto, per dare l’opportunità di conoscere e canalizzare le proprie emozioni.
Ecco perché l’educazione deve cambiare.
Perché fino ad ora si è pensato sempre che il bambino volesse sempre manipolare e che venisse viziato se l’adulto concedeva troppa attenzione, ma oggi sappiamo che è proprio quella attenzione che diamo ai bambini che li fa crescere sicuri di sè e fiduciosi nel loro intorno.
Il cambio di paradigma dell’educazione deve partire dai primi giorni di vita del bambino e non solo nei mal chiamati capricci: la società continua a pensare che un neonato sia capace di manipolare con il pianto… un neonato (!?) che ha solo bisogno di sentire la cura e la responsività dei suoi genitori; questo non vuole dire che il bebè debba stare sempre in braccio, o che si debba, per forza, dormire con loro per farli sentire accuditi, ma di quanto l’adulto sia capace di garantire in modo accogliente e calmo le richieste del bambino, cercando di offrire un attaccamento sicuro, rispondendo in modo veloce ed efficace, accettando le sue emozioni, offrendo consolazione e sicurezza.
I bambini hanno il diritto ed il bisogno di genitori presenti che siano capaci di sapere cosa fare in ogni situazione,
Devono anche sentirsi liberi di poter piangere in qualsiasi difficoltà e sicuri che riceveranno conforto, supporto e connessione affettiva; perché un bambino può sentirsi ignorato, respinto e abbandonato, anche se viene preso in braccio tutto il giorno.
Questo nuovo approccio genitoriale è conosciuto come “educazione rispettosa” e presenta un cambio totale dell’approccio genitoriale, in modo deciso, dal momento in cui è nata la convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia e l’adolescenza unita agli studi di Bowlby e Harlow (nel passato), e alle neuroscienze (oggi) che stanno spostando il pensiero ADULTOCENTRICO, dove solo l’adulto aveva diritti, verso una visione (ancora oggi in transizione) del bambino rispettato come persona, con emozioni e diritti propri, smontando il mito della grande manipolazione che esercita contro l’ “impotente e povero adulto” vittima costante dei piani machiavellici dei bambini.